La pubblicazione della proposta di nuova Direttiva europea sul Reporting Aziendale di Sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), avvenuta il 21 aprile scorso da parte della Commissione europea, rappresenta un punto di svolta storico per tutto il sistema economico europeo e conseguentemente internazionale, che cambia per sempre la sensibilità con cui le imprese sono chiamate ad approcciarsi al tema della sostenibilità nei loro processi di business e al concetto di “reporting non-finanziario”, che tramite la bozza della nuova Direttiva viene ridefinita in modo chiaro e nuovo come “reporting di sostenibilità”.
Il punto di partenza: la necessità di costruire un nuovo sistema economico europeo
Naturale evoluzione della Direttiva UE 2014/95, che ha introdotto negli Stati Europei un primo elemento legislativo a favore dello sviluppo di comportamenti virtuosi nelle imprese, aumentando la trasparenza nella comunicazione di informazioni di carattere non-finanziario, la proposta di nuova Direttiva rappresenta non solo una evoluzione del comparto normativo attualmente presente in Europa ma, in via primaria, costituisce una parte fondamentale della politica economica europea.
Sia i requisiti previsti dall’Accordo di Parigi, sia l’emanazione dell’Agenda 2030 dell’ONU hanno introdotto i fattori di sostenibilità e di ESG (Environmental, Social, Governance) nel dibattito e nel quadro regolamentare europeo, andando a incidere sui piani di sviluppo economico oggetto delle decisioni di investimento del Vecchio Continente. Ciò che l’Europa è chiamata a compiere nei prossimi anni è una riconversione integrale del sistema economico verso un modello a basse emissioni, per il quale sono necessari ingenti investimenti in tecnologie “verdi”. Per far fronte a tale fabbisogno aggiuntivo di risorse, stimato in circa 500 miliardi di € su base annua, l’UE ha individuato la necessità di mobilitare il risparmio privato, indirizzandolo verso investitori istituzionali e investimenti capaci di riorientare l’economia verso obiettivi di sostenibilità. Gli strumenti che l’UE ha recentemente messo in campo per avviare questo processo di evoluzione in ottica sostenibile sono diversi: il primo è costituito dall’Action Plan on Sustainable Finance, che prevede una serie di azioni orientate da un lato hanno a favorire l’allocazione del capitale privato in investimenti sostenibili, dall’altro ad aiutare gli operatori del mercato finanziario a individuare i rischi di sostenibilità che possono impattare negativamente sul valore dei portafogli finanziari; il secondo strumento, che è collegato al precedente, è rappresentato dalla EU Green Taxonomy, ovvero il sistema di classificazione che definisce i criteri che l’UE utilizza per considerare come sostenibile un’attività economica; il terzo strumento, anch’esso collegato ai precedenti, è, appunto, la nuova Direttiva europea CSRD, il cui scopo è quello di portare le imprese a fornire una serie diversificata di informazioni in materia di fattori ESG e intangibles, utili a valutare il livello di sostenibilità delle azioni e la classificazione delle imprese stesse ai fini dell’Action Plan on Sustainable Finance.
A chi è rivolta la proposta di nuova Direttiva europea CSRD
La proposta di nuova Direttiva CSRD attualmente divulgata dalla Commissione europea prevede un’estensione significativa del perimetro di rendicontazione delle società incluse nell’obbligo di rendicontazione della Direttiva UE 2014/95 già in vigore. Di fatto la bozza della nuova Direttiva prende una direzione chiara, che prevede la necessità di tutelare gli azionisti e i mercati finanziari. Per questo viene esteso l’obbligo di rendicontazione a tutte le grandi imprese, a tutte le banche e a tutte le assicurazioni europee quotate o non quotate, nonché a tutte le società quotate, con la sola eccezione delle micro-imprese quotate. Viene esteso l’obbligo di rendicontazione anche a tutti i gruppi, che dovranno produrre un report di sostenibilità consolidato. Sono escluse dall’obbligo di rendicontazione, oltre alle micro-imprese quotate, anche le attività economiche che fanno parte della rendicontazione consolidata della capogruppo, tenuta a rispettare le regole degli standard europei.
In termini numerici, applicando le nuove inclusioni ed esclusioni della Direttiva, le stime prevedono che dalle 11.700 aziende sul territorio europeo che attualmente sono soggette all’obbligo di rendicontazione si passerà a 49.000 attività economiche.
Standard e contenuti della proposta di nuova Direttiva europea CSRD
Una ulteriore novità introdotta dalla bozza della nuova Direttiva riguarda il tema dei reporting standard. L’UE, infatti, emanerà dei propri standard di reporting di sostenibilità su tutte le tematiche ESG e sui capitali intangibili, improntati su una prospettiva multi-stakeholder, che amplia quella attuale orientata agli investitori, e di natura sia generica che settoriale.
Con la proposta di nuova Direttiva si persegue il fine di produrre report incentrati sui criteri ESG, allineati con l’impianto legislativo europeo, e coerenti con le raccomandazioni del TCFD, riflettendo le esigenze informative emergenti dalla EU Green Taxonomy, dalla SFDR, dallo European Pillar on Social Rights e dalla Direttiva sulla «Sustainable Corporate Governance and Due Diligence» in via di approvazione. Le informazioni esplicitate saranno di natura sia quantitativa che qualitativa, non solo in un’ottica retrospettica, ma anche in grado di generare una visione forward looking allineata con i target di medio e lungo periodo individuati dall’Accordo di Parigi.
Le nuove misure introdotte, in virtù del principio di proporzionalità, portano un ulteriore elemento di novità, ovvero l’emanazione di standard europei differenziati e semplificati per le PMI, che saranno comunque applicabili dopo tre anni che hanno iniziato ad essere applicati dalle altre imprese.
Anche all’interno della bozza della nuova Direttiva europea CSRD è riconfermato il principio di “doppia materialità”, ereditata dall’impostazione normativa attualmente in vigore. Tale principio conferma la necessità per il legislatore europeo di portare le imprese a mettere in evidenza i fattori che maggiormente influenzano gli impatti generati nei confronti del contesto socio-ambientale, ma anche le tematiche socio-ambientali che, viceversa, hanno un’influenza sulla capacità delle imprese di creare valore.
Un fattore di assoluta novità è costituito anche dal riconoscimento dei capitali intangibili quali elementi determinanti per la rendicontazione di sostenibilità. La proposta di nuova Direttiva, infatti, indica in modo esplicito i capitali intangibili quali aree determinanti ai fini del reporting, dando rilevanza pertanto anche alle tematiche legate, ad esempio, al capitale intellettuale, sociale-relazionale e umano.
Modalità di presentazione del reporting di sostenibilità e tempistiche di entrata in vigore
Il reporting di sostenibilità dovrà essere necessariamente inserito all’interno della Relazione sulla Gestione, divenendo quindi parte integrante del bilancio aziendale. La bozza della nuova Direttiva prevede che le informative di sostenibilità siano sottoposte alla “limited assurance”, con la prospettiva di giungere alla “reasonable assurance” in una fase successiva.
Relativamente alle tempistiche di divulgazione degli standard, il primo set sarà approvato entro il 31.10.2022 e il secondo set, compresi quelli settoriali e per le PMI, entro il 31.10.2023, con un programma di revisione triennale.
Lo sviluppo degli standard sarà portato avanti in parallelo alle negoziazioni politiche per il testo finale della Direttiva, pertanto è presumibile che la Direttiva venga approvata nella sua forma definitiva nel secondo semestre 2022, soddisfando l’obiettivo della Commissione europea di portare le imprese a produrre i primi report di sostenibilità con le nuove norme e i nuovi standard nel 2024, con riferimento all’esercizio 2023.